[F. Barsanti, Prefazione dei "Collections of Old Scots Tunes", Edimburgo, s.d.]
Francesco Barsanti è uno dei tanti straordinari strumentisti italiani -virtuosi e compositori - che lungo tutto il Settecento, viaggiando attraverso l'Europa intera, contribuirono in modo determinante con la loro attività all'affermazione definitiva della musica strumentale -in particolare nei generi della sonata, del concerto e della sinfonia- e alla formazione di un linguaggio internazionale. Lucca, la città in cui era nato nel 1690, sembra essere stata particolarmente ricca di questo tipo di musicisti, a partire anche dai secoli precedenti: basta ricordare, oltre al Barsanti, Gioseffo e Franceco Guami (questi ovviamente per altri generi di musica strumentale), Gio. Lorenzo Gregori (il suo nome è legato olla storia del concerto, ma svolse tutta la sua attività in patria), Franceco Xaverio Geminiani (il più grande diffusore del verbo corelliano), Filippo Manfredi (altro eccellente violinista (che, oltre ad esibirsi in Francia e in Spagna, tenne scuola in patria e soprattutto o Genova: fu probabilmente grazie a un suo allievo se Niccolo Paganini fece il suo primo concerto a Lucca, dove compose molti dei suoi capolavori) e finalmente Luigi Boccherini, degno coronamento di tanta tradizione. Francesco Barsanti appartiene, tra questi musicisti lucchesi, alla schiera degli emigranti 'definitivi', come Francesco Xaverio Geminiani e Luigi Boccherini, che non tornarono mai più in patria. Di lui si sa assai poco: le scarse notizie biografiche fornite da Luigi Nerici nella sua preziosa Storia della musica in Lucca (1879), dicono poco sul suo iter formativo: «Da giovanetto, inviato a Padova per istudiarvi le scienze, tratto dall'amor della musica, a questa piuttosto si dedicò, e divenne bravo sonator di oboè e di flauto». Pochissime sono le tracce dell'attività di Barsanti in patria, ma assai significative: nel 1717 e nel 1718 partecipò ai grandiosi servizi liturgici che ogni anno decoravano le feste della S.Croce, suonando l'oboe (la registrazione lo dice proveniente rispettivamente da Bologna e da Massa), ed ebbe una paga assai alta. Le feste di S.Croce furono, per tutto il Setttecento, luogo di incontro e anche di sperimentazione di grande interesse, dal momento che i governanti lucchesi, per tenere alto il livello delle prestazioni musicali, avevano aperto alla partecipazione degli 'stranieri', con un concorso di accesso per strumentisti e cantanti, inevitabilmente vinto dai migliori. La liturgia concedeva spazi privilegiati anche all'esibizione strumentale e cosi poterono concertare a S.Croce, tra gli altri, Francesco Maria Veracini, Pietro Nardini, Giuseppe Cambini, oltre naturalmente ai lucchesi Filippo Manfredi e Luigi Boccherini (questi ultimi quattro si ritrovarono a suonare insieme a S.Croce proprio negli anni in cui dettero vita alla prima formazione quartettistica, il mitico Quartetto toscano), fino ad arrivare all'esibizione strepitosa - e scandalosa - di Niccolò Paganini. Si capisce quindi perché Francesco Barsanti, che - proprio insieme o Francesco Xaverio Geminiani - nel 1714 si era trasferito a Londra dove suonava il flauto e l'oboe nell'orchestra del teatro d'opera italiano, sia ritornato a Lucca per esibirsi a S.Croce. Comunque a Londra Barsanti lavorò per molti anni, prima di spostarsi (1735) in Scozia, dove rimase otto anni, sposò una scozzese, potè contare sull'appoggio dell'aristocrazia, e pubblicò le sue opere più importanti, i dieci Concerti grossi op.3 nel 1742 e le nove Overtures op.4 intorno al 1743. Successivamente tornò a Londra dove, avendo perso i contatti che aveva in precedenza, dovette accettare impieghi come suonatore di viola soprattutto nelle orchestre dei teatri londinesi. Morirà in circostanze poco chiare nel 1772, ormai in miseria. Due aspetti della sua biografia meritano di essere sottolineati. La presenza a Londra, negli stessi anni, di Barsanti e Geminiani, ai quali si unì in qualche momento anche Veracini, fa pensare all'esistenza di una piccola colonia (i lucchesi, soprattutto mercanti, erano onnipresenti in Europa ed erano insuperabili nell'inserirsi nelle realtà locali) che probabilmente serviva da base da appoggio e anche da agenzia di collocamento per altri musicisti più giovani, come il castrato Giovanni Battista Andreoni, che dopo aver cantato nei teatri di tutta Europa, si esibì a Londra per tre stagioni consecutive, intorno agli anni '40, in ruoli creati per lui da Georg Friedrich Handel. La facilità con cui Barsanti cambiò strumento non deve meravigliarci più di tanto: per quanto riguarda flauto e oboe, anche a Lucca gli esecutori passavano comunemente da uno all'altro; inoltre la formazione musicale era molto meno settoriale di quanto sia oggi, e questo può spiegare perché Barsanti abbia potuto trovare un impiego anche come violista. Infine risulta da documenti della Edinburgh Musical Society che Barsanti suonava anche i timpani, infatti ne vendette un paio di sua proprietà nel 1743, probabilmente per ricavare i soldi necessari per tornare a Londra. La conoscenza approfondita di vari strumenti si rivela comunque nelle composizioni: le sonate per flauto solo, i concerti grossi con la presenza dei timpani, oltre che di oboi, corni, tromba e i consueti archi, le Overtures con un trattamento assai innovativo della parte per la viola. Abbiamo detto che Barsanti non è stato molto studiato, dopo le scarse notizie lasciate dal Nerici e altre rintracciate da studiosi inglesi e scozzesi, eppure quel poco che si sa e che finora è stato eseguito di lui, fa intravedere una figura di sicuro interesse. A cura di: Gabriella Biagi Ravenni, Università di Pisa