[A.Brunelli, ARIE SCHERZI CANZONETTE, frontespizio, Venezia 1613]
Antonio Brunelli teorico e compositore del primo Seicento «Alcuni di questi belli ingegni haverebbe potuto a prima vista supporre che questi miei concerti per la quantità e qualità de passaggi tornassero difficili a cantarsi, ma se v'applicheranno ben l'animo troveranno essere molto agevoli a quelli però che hanno regola e maniera di cantare, essendo così fatti componimenti già come tali messi in pratica da tutti i miei scolari, a contemplazione de' quali composi la maggior parte di essi». In queste parole, rivolte dall'autore «a' cortesi lettori» nella premessa ai Fioretti Spirituali (1621), può cogliersi il senso più autentico della vicenda artistica di Antonio Brunelli (Santa Croce sull'Arno 1577 - Pisa 1630). Vivace dialettica contro coloro (i «belli ingegni») che reputano le sue musiche «difficili a cantarsi» e fiera affermazione del principio che ispira costantemente la sua duplice attività di teorico e compositore: lo studio e la quotidiana applicazione, richiesti agli «scolari» da certa «maniera di cantare», rafforzano la possibilità di eccellere nell'exercitium della disciplina e gratificano l'esecuzione di qualsiasi repertorio. Ad attestare tale finalità - apprendimento e trasmissione di una corretta prassi didattica - concorrono innanzitutto le stesse fasi dell'iter formativo di Brunelli, quasi equamente diviso tra le due aree geografiche che ne documentano la presenza: il Lazio (a Bagnoregio - ove la famiglia si era trasferita - e a Viterbo sotto la presumibile guida di maestri locali; a Roma, quasi certamente nell'ultima decade del Cinquecento, presso la scuola di Giovanni Maria Nanino, uno dei più insigni continuatori dell'opera palestriniana) e la Toscana, terra d'origine, che lo vede operare come organista e maestro di cappella nei centri di S. Miniato (1603-1607), Prato (1608-1612) e Pisa (dal 1613), ove fino al 1630 coordinò la nutrita schiera di allievi che furono alle sue dipendenze nella chiesa di S. Stefano dei Cavalieri. E' poi la produzione, comprensiva anche di due trattati teorici (1606 e 1610) e pubblicata nell'arco di un quindicennio (1605-1621), a testimoniare la predisposizione di Brunelli ad affrontare una cospicua varietà di forme e generi del repertorio coevo, correlabili a quei modelli compositivi che più ne orientano i mezzi tecnici e l'espressione stilistica. Il primo ciclo di opere (edite tra il 1605 e il 1610, ma perdute) documenta l'immediata attenzione alle finalità didattiche (Esercizi a 2 v.), l'approccio alla polifonia dei bicinia sacri (due libri di Mottetti a 2 v.) e l'esordio nel repertorio profano a 3 v. (Canzonette e due libri di Madrigali). Decisamente ispirate al nuovo stile monodico sono invece le tre raccolte di Arie, Scherzi, Madrigali, Canzonette per sonare e cantare a 1-3 v. e basso continuo, edite nel periodo (1613-1616) che oltre a confermare l'interesse dell'autore per certi aspetti di prassi didattico-esecutiva (con la pubblicazione nel 1614 dei Varii Esercizi a 1-2 v., anche «per esercizio di cornetti, traverse, violini»), vede Brunelli protagonista a Pisa di numerosi intrattenimenti musicali allestiti per il granduca Cosimo II e ospite della corte medicea nella stessa Firenze, ove rafforzò i rapporti di amicizia con Giulio Caccini e collaborò con Jacopo Peri. Ma è ancora il ritorno alla polifonia, tuttavia arricchita dal sostegno strumentale («cum gravi voce ad organo»), a caratterizzare l'ultimo ciclo di produzione, con i Sacra Cantica a 1-4 v. (1617), le Missae tres pro defunctis a 2-7 v. (1619) e i Fioretti spirituali a 1-5 v. (1621), opera quindicesima e ultima, a rimarcare quasi una continuità con quel Prato di Sacri Fiori Musicali a 1-8 v. («con il basso continuato per sonar nell'organo») che nel 1612 aveva avviato l'interesse dell'autore per il repertorio sacro concertato. A distinguere e qualificare ulteriormente l'operato del santacrocese concorre poi la nutrita serie di personaggi cui si correla in varia misura il suo itinerario artistico. Giovanni Maria Nanino, suo insigne precettore degli anni formativi; il pratese Biagio Pesciolini «huomo per certo singularissimo», da cui Brunelli assimila nozioni e modalità della tecnica contrappuntistica; Giulio Caccini (cui Brunelli dichiara di sentirsi legato da «antica familiarità et osservanza»), che quasi certamente ne perorò l'assunzione per la prima nomina a organista in terra toscana (a San Miniato dal 1603 al 1608) e che fu illustre dedicatario dei Canoni musicali sopra un soggetto solo (1612); Carlo Bocchineri, giurista, poeta e accademico della Crusca (suo autorevole mèntore per la nomina a Prato e autore di di sette testi intonati da Brunelli nel Primo e Secondo Libro di Arie e Scherzi); l'orvietano «Balì» Ferdinando Saracinelli, alto dignitario della corte medicea, dedicatario del Terzo Libro di Scherzi e Arie e autore nella stessa silloge di «parole composte [...] per maggior fortuna e favore delle mie musiche». Da ricordare sono anche altri protagonisti della vita musicale coeva, con cui Brunelli seppe coltivare rapporti di stima, amicizia e collaborazione: l'insigne Alfonso Fontanelli, dedicatario del trattato delle Regole et dichiarationi (1610); il coreografo Agnolo Ricci, «inventore» di quel Ballo della Cortesia (1614), per le cui musiche si registra la collaborazione di Brunelli con Jacopo Peri, in occasione di una «festa» a Palazzo Pitti, ideata da Michelangiolo Buonarroti il Giovane; Francesca Caccini, ispiratrice dello splendido mottetto O dulce nomen Iesu (a lei dedicato nei Fioretti spirituali) e Artemisia Torri, dedicataria dei Varii Esercizi, cantante di «tanto profitto» e di «raro ingegno», come rileva lo stesso Brunelli incaricato di affinarne l'esercizio vocale; i ben noti monodisti toscani Lorenzo Allegri e Vincenzo Calestani, inclusi con un brano ciascuno nel Secondo Libro di Scherzi e Arie. Le attestazioni coeve e le pregevoli citazioni che nel tardo Seicento saranno riservate a Brunelli (come ad esempio nel Musico Prattico di Giovanni Maria Bononcini del 1673) si corredano poi con il non trascurabile richiamo alla sua opera teorica e compositiva nella storiografia e nella trattatistica musicale sette-ottocentesca: rilevanti, in merito, sono le testimonianze di Sebastien de Brossard nel Dictionnaire (1703), Giuseppe Ottavio Pitoni nella Notitia (1725 ca.), Padre Martini nell' Esemplare (1774), Giuseppe Baini nelle Memorie (1828). A coronare tale sequenza documentaria di fortuna e recezione giunge poi la presenza di Brunelli tra le fonti musicali elencate dal Dizionario di Tommaseo-Bellini (1865-1879) e assunte quali modelli di raffronto utili alla ricorrenza e alle definizioni di certa peculiare terminologia: nel caso di Brunelli sono le Regole utilissime (1606, il primo dei suoi due trattati) ad essere citate, insieme alle opere di altri insigni teorici del Cinque-Seicento (Aaron, Zarlino, Artusi, Agazzari, Antegnati, Zacconi, G. B. Doni). In un contesto debitore in pari misura alla scuola romana e allo stile fiorentino (ma anche a certo repertorio sacro concertato di area nord-italiana, sui modelli di Banchieri e Viadana), trova dunque emblematica collocazione il contributo di Brunelli a «nuove compositioni» create - come egli stesso non manca di chiarire ai lettori - per «aprir gl'occhi e le menti per ricercar in esse con ogni sottigliezza ogni minima imperfetione». Piero Gargiulo