[P. Klemann ed., ritratto giovanile di Cherubini, BOLOGNA MiBm]
Nato a Firenze nel 1760, dopo aver ricevuto i primi insegnamenti dal padre Bartolomeo, maestro di cembalo al teatro della Pergola, frequentò la scuola di Alessandro e Bartolomeo Felici e poi quella di Pietro Bizzarri e Giuseppe Castrucci, dedicandosi soprattutto alla musica sacra. Appena diciottenne fu accolto come allievo dall’operista Giovanni Sarti, che lo tenne con sé per quattro anni, istruendolo nell’arte del contrappunto e affidandogli spesso la composizione di arie e di pezzi minori nei propri drammi. Nel 1774 debuttò ad Alessandria con Il Quinto Fabio, ma la concorrenza di artisti affermati, come Paisiello e Jommelli, ostacolava l’emergere di nuovi compositori, cosìcché Cherubini decise di lasciare l’Italia, partendo, nel 1784, alla volta di Londra. L’accoglienza favorevole, ma non entusiastica del pubblico inglese e i rapporti di amicizia che andava stringendo con Viotti e con l’alta società parigina alla quale il celebre violinista lo aveva introdotto lo convinsero a trasferirsi, due anni dopo, nella capitale francese. Qui collaborò, adattando opere al gusto francese, al progetto promosso da Viotti di riportare sulla scena i maggiori drammi italiani, finché i disordini seguiti alla Rivoluzione fecero arenare l’iniziativa. Ripresa l’attività nel 1793, Cherubini assunse il ruolo di ispettore dell’istruzione del neonato Conservatoire de Musique, con l’incarico, oltre che di insegnare, di comporre gli inni repubblicani per la Guardia Nazionale. Con l’avvento di Napoleone, la situazione si fece più difficile, perché Cherubini non riuscì ad instaurare un rapporto positivo con il Primo Console, ormai arbitro della vita nazionale. Ciononostante, questi furono gli anni in cui Cherubini mise in scena i suoi capolavori, la Medée nel 1797 e Les deux journee nel 1800, e la sua fama si diffuse all’estero a tal punto da procurargli un incito a Vienna per dirigere le sue opere; il soggiorno, durante il quale incontrò Haydn e Beethoven, che si dichiararono suoi ammiratori, fu però bruscamente interrotto dalla ripresa delle ostilità tra Francia e Austria. Il declino di Napoleone inaugurò un periodo ricco di riconoscimenti per il compositore da parte dei sovrani della Restaurazione, Luigi XVIII, Carlo X e Luigi Filippo; fu nominato responsabile della Cappella reale e, nel 1822, direttore del Conservatorio. Gli ultimi anni furono assorbiti interamente dall’attività didattica, se si eccettuano alcune composizioni sacre e strumentali. Morì a Parigi nel 1842, poco dopo aver rassegnato le dimissioni dal conservatorio, e fu sepolto nel cimitero di Père Lachaise. La produzione di Cherubini abbraccia tutti i generi della composizione e vi si possono distinguere tre grandi gruppi: la musica operistica, religiosa e strumentale. Per quanto riguarda il repertorio operistico, esso è costituito da circa 30 drammi distribuiti nell’arco di un trentennio. Dopo gli esordi giovanili, sui quali le informazioni sono scarse, una matura poetica musicale si manifesta nella prima sua opera francese, Demophoon, e più chiaramente in Lodoiska, rappresentata nel 1791 al teatro Feydeau. Cherubini dimostra di aver appreso la lezione del teatro gluckiano, e lo scrupolo di perseguire la coerenza drammatica lo porta ad usare solo il recitativo accompagnato e ad eliminare i pezzi chiusi e i “da capo”, istituendo una continuità musicale tra recitativo e aria. Ruolo fondamentale è attribuito al coro e all’orchestra, sia in accompagnamento alle voci, sia in brani preparatori all’azione, sia nei grandi finali d’atto concertati. Con Medèe Cherubini mette in scena un conflitto interiore che diventa il protagonista assoluto dell’intreccio; la musica rispecchia la situazione scenica: pause inattese, frasi interrotte, forti contrasti dinamici e sonori caratterizzano la partitura orchestrale. Tuttavia, la consacrazione del compositore nell’olimpo degli operisti fu sancita da Les deux journee, nel quale ritorna il tema eroico, accolto con grande favore dai parigini, perché richiamava alla memoria le ingiustizie subite dagli aristocratici francesi al tempo della Rivoluzione. Il repertorio sacro risale agli ultimi anni e comprende sette messe, di cui due di incoronazione, due messe da requiem e altri pezzi brevi. Rispetto ai contemporanei, Cherubini si mostrò molto scrupoloso nel far aderire la musica allo spirito e al significato dei testi e di conseguenza restrinse l’uso di voci soliste e l’impiego di tecniche vocali operistiche, dando largo spazio al coro. I risultati più elevati in questo campo sono i due Requiem, in do e re minore; il primo fu commissionato nel 1815 per la commemorazione dell’esecuzione di Luigi XVI, mentre il secondo, per voci maschili e orchestra, probabilmente fu pensato da Cherubini per il proprio funerale. La musica strumentale fu concepita da Cherubini come attività creativa riservata alla sfera privata. Vi possiamo comprendere anche le ouvertures, che si emancipano dal corpo dell’opera diventando composizioni capaci di un’esistenza autonoma; la loro originalità è dovuta soprattutto alla natura delle idee musicali, che hanno la loro forza negli effetti sonori.